martedì, aprile 18, 2006

Non è vero che il tasso di partecipazione è aumentato così come è vero che il centro-sinistra ha superato di quattro volte il centro-destra.

L'autorevole Istituto Cattaneo ha condotto un'interessante ricerca che vi invito a leggere! Diffondetela perchè bisogna fare una corretta informazione di questi tempi, tempi in cui ci infinocchiano con tutto!

http://www.istcattaneo.org/pubblicazioni/analisi/pdf/
http://www.istcattaneo.org/pubblicazioni/analisi/pdf/

lunedì, aprile 17, 2006

www.carmillaonline.com - Articolo pubblicato 17 Aprile 2006

Ora davvero basta, con l'abuso della credulità popolare.
Le bugie hanno le gambe corte, dice un vecchio proverbio che sicuramente il
capo supremo della Casa (circondariale) delle Libertà conosce bene.
Mai visto in passato un simile attaccamento al cadreghino (alla poltrona) e
una simile faccia tosta!
Racconterebbero di tutto pur di non staccarsi dalla poltrona , ma ecco il
riassunto in otto punti delle falsità e degli imbrogli di questo strisciante
tentativo di golpe mediatico.

1. Per garantirsi di non perdere, hanno realizzato una Legge elettorale a
loro immagine e somiglianza, votata unilateralmente e definita dal suo
stesso estensore (Calderoli) "una vera porcata". Nonostante ciò hanno perso
le elezioni e, paradosso dei paradossi, la loro legge elettorale si è
rivelata un boomerang.

2. Hanno inventato e utilizzato, unilateralmente, nelle regioni critiche (in
bilico) lo scrutinio elettronico, che non brilla certo per trasparenza,
sottraendo al controllo popolare le procedure di registrazione ed invio dei
dati, affidate ad anonimi operatori di società private.

3. Hanno scelto loro, unilateralmente, la società a cui affidare exit poll e
proiezioni, ma soprattutto non risulta statisticamente comprensibile
l'andamento del voto rilevato dai dati ufficiali del Viminale. Infatti con
lo scorrere del tempo, invece di assistere ad un'altalena con un sali e
scendi delle due coalizioni, abbiamo assistito al costante diminuire della
percentuale di voti di una sola coalizione (inizialmente data
abbondantemente per vincente). Sarà un caso?

4. Il Capo del Governo sa bene che la regolarità delle operazioni di voto
dipende dal Ministero degli Interni, oltre che da altri organi di controllo
dei vari apparati dello Stato, eppure parla di brogli. Evidentemente non si
rende conto che sta accusando se stesso ed il suo stesso Governo del
tentativo di truccare le elezioni (e forse per la prima volta dice qualcosa
di vero). Non è un caso che nel mondo e nella storia i brogli elettorali li
fa chi ne ha gli strumenti, ossia chi governa ed è l'opposizione che
denuncia i brogli.

5. Il Presidente del consiglio e i suoi alleati parlano di 80.000 schede
contestate, che secondo i dati in loro possesso ribalterebbero il risultato.
Poi si scopre che alla camera le schede contestate sono 43.028 e quindi è
matematicamente improbabile mutare il risultato. Infine il Ministero degli
Interni è costretto a smentire se stesso e si scopre che alla Camera le
schede contestate sono poco più di 2000. Ciò che prima era improbabile ora
risulta impossibile. Giusto per cancellare oltre alla memoria antica
(revisionismo storico) anche quella recente, se provate ad entrare nel sito
del Ministero degli Interni, da almeno due giorni non è possibile accedere
alle pagine dei risultati elettorali. Un altro errore casuale?

6. A questo punto denunciano irregolarità nel voto all'estero,
dimenticandosi che loro hanno organizzato la macchina elettorale all'estero
e la consegna delle schede. Quindi, di nuovo si autoaccusano di aver
imbrogliato (NO COMMENT!).

7. Calderoli, rileggendo la sua legge (magari il testo è stampato sul retro
della fatidica maglietta antiislamica), decide che 45.000 elettori che hanno
regolarmente votato per una lista apparentata con il centro sinistra, non
devono essere conteggiati. A suo dire, dato che nella Legge si parla di
assegnare i voti su base nazionale sommando i voti ottenuti dalle liste
nelle singole circoscrizioni, non potendo sommare i voti di una lista
presente in una sola circoscrizione, questi non valgono. In matematica è
come sostenere che uno più zero è uguale a zero. Al di là della matematica,
conviene ricordare che la Cassazione, prima delle elezioni, ha già deciso
quali liste ammettere e quali escludere e nessun rilevo era stato presentato
per escludere quella lista.
Inoltre, la legge prevede che se una lista apparentata non raggiunge il
quorum necessario per ottenere un rappresentante, comunque il voto rimane
valido per la coalizione a cui è apparentato.
Ne consegue che un elettore quando vota esercita il diritto a mandare in
parlamento un suo rappresentante, per cui se appone regolarmente una
crocetta su una lista presente in scheda, manifesta una volontà di voto che
non può essere annullata e ignorata successivamente. Eventuali rilievi e
annullamenti (a mio avviso assolutamente infondati) sarebbero stati
comprensibili solo prima delle elezioni, con l'assenza del simbolo dalla
scheda elettorale, altrimenti si sta imbrogliando l'elettore che pensa di
votare per una coalizione ed invece non viene considerato. Forse qualcuno,
per abitudine, pensa di poter fare come in certi contratti, che si fanno
sottoscrivere al cliente, omettendo le postille (tipo: il premio
assicurativo verrà liquidato solo se nevica ad agosto), ma nelle schede
elettorali non vi sono postille!

8. In ultimo, affermano che nessuno ha vinto e nessuno ha perso. Dopo aver
chiesto il voto per impedire che i difensori e gli alleati dei "bambini
bolliti per concimare" (una favola dal sapore antico) governino il paese,
ora chiedono di governare insieme.
Al di là delle preoccupazioni di qualcuno, rispetto al permanere dei propri
privilegi economici e giudiziari (immunità?), come al solito si afferma il
contrario di quanto dichiarato in campagna elettorale.
Ancor più ridicola è questa storia della legittimità a governare.
Nel 2006 il "centro sinistra" ha ottenuto il 49,8 % dei voti, pari a
19.061.108 voti. Nel 2001 la Casa (circondariale) delle Libertà ha ottenuto
al senato il 42,5 % dei voti ed alla camera il 45,4% dei voti, pari a
16.915.513 voti. Per cinque anni ci hanno raccontato di rappresentare la
maggioranza degli italiani, omettendo che pur essendo minoranza nel paese
(45,4 % dei votanti, nel migliore dei casi) possedevano una maggioranza
larghissima di deputati e senatori.
Oggi, per lo meno, il nuovo Governo ha raccolto 2.145.595 voti in più
rispetto alla Casa (circondariale) delle Libertà nel 2001 e rappresenta la
maggioranza reale e non la minoranza premiata (dal sistema maggioritario)
degli italiani.
In questi cinque anni, il Governo, pur essendo minoranza nel paese, ha
stravolto ogni norma infischiandosene della maggioranza del paese e ora
blaterano di nessuno ha vinto o perso, solo per garantirsi privilegi e
poltrone?
Eh, no, mi spiace, ma questa volta dovete proprio andare a casa, senza se e
senza ma, voi e le vostre indigeribili balle!

Permettetemi solo due considerazioni.
La prima è: ma in questo paese c'è un giornalista degno di questo nome
capace di analizzare i dati e rinviare le balle al mittente, semplicemente
dicendo che talune affermazioni contrastano con la realtà, oppure il
servilismo della penna e della telecamera non ha più limite?
La seconda: più che cercare mediazioni con i precedenti governanti, non è
forse più proficuo cominciare ad ascoltare i problemi reali delle persone e
dei soggetti sociali (vi assicuro che lì le balle e gli steccati, spesso,
crollano)?
Per esempio, invece di inseguire interessi particolari (e tutt'altro che
generali) legati al progetto TAV, non è meglio tutelare la vita e l'ambiente
degli abitanti della Val Susa e cercare soluzioni per la lentezza dei
pendolari?
Molti hanno votato per il centro sinistra perché stanchi di odiosi discorsi
all'insegna del "chi vince prende tutto e per cinque anni nessuno può più
dir nulla", non per le quasi 300 pagine di programma o le infinite
mediazioni interne tra partiti e coalizioni e ora si aspettano una
differente relazione tra chi governerà e i propri problemi e desideri.
Tener conto di tutti/e significa cominciare a porsi davvero questo problema.

da parte di Elio

tra Ferrando e Bertinotti...... il Partito

La vicenda che ha visto protagonista Marco Ferrando ha un certo valore politico e simbolico, un valore diventato straordinario, non foss'altro che per il massiccio intervento masmediatico il cui messaggio è diventato tutt'uno con la risoluzione finale della questione: l'esclusione dalle liste del centro sinistra di un dirigente di partito le cui idee non fanno onore alle truppe italiane in guerra sul suolo irakeno.
Questione troppo scomoda per la coalizione di sinistra che si appresta a prendere in mano le redini dello Stato.
Dal punto di vista politico essa ci mostra quali sono le conseguenze di chi pratica l'entrismo; ovvero a quali conseguenze si condannano coloro - i sinistri - ,che hanno praticato e intendono ancora praticare una politica di partito stando dentro ad un altro con la convizione di modificarne l'indirizzo strategico, tranne ovviamente una loro ulteriore omologazione (L. Maitan).
I seguaci di Troski l'hanno praticata fin dagli anni '60 nel PCI, la chiamano tattica. Come frutto del parto di un cervello questa presunta tattica ha stabilito che non c'è alcuna possibilità di costruire un partito rivoluzionario se non trasformando quello che formalmente è più vicino a tale idea. Sappiamo i risultati e gli esiti del PCI nonostante sia stato attraversato dal movimento del '68.
In altre parole, la speranza di capovolgere gli interessi di un partito politico, perchè alla fine di questo si tratta, è connessa alla concezione che quel partito è in qualche modo suscettibile di cambiamenti, o perchè vi aderiscono i lavoratori, o perchè la sua politica è in qualche modo adiacente o più vicina a quella che si intende raggiungere.
Per quanto riguarda la presenza dei lavoratori, il concetto fa acqua da tutte le parti, in quanto addirittura nei partiti fascisti, e lo stesso nazionalsocialismo annoverava tra le sue fila la presenza dei lavoratori, quindi la sostanza sarebbe il richiamo formale al marxismo, cosa che il partito di Bertinotti ha dichiarato all'atto della sua nascita.
L'evoluzione che questo partito ha avuto e le molte abiure che del marxismo sono state compiute negli anni a seguire dalla sua nascita, hanno eliminato anche questa parvenza formale, anche se non si trattava del marxismo vero e proprio, ma di varie ed eclettiche interpretazioni che come massimo prodotto hanno riproposto in campo teorico, l'illusione fascinosa delle concezioni Keinesiane, per quanto riguarda il cosiddetto stato sociale, ed in campo economico la miseria dei neo-ricardiani, per quanto riguarda il rapporto tra il capitale ed il lavoro; in buona sostanza le vecchie parole d'ordine del socialismo riformista turatiano- togliattiano . In breve il Prc invece di rifondare il marxismo come pretendeva di fare all’atto della sua nascita, ha restaurato il socialismo borghese.
La vicenda pone all’attenzione una singolare costatazione: il fatto che il partito che si pretende di modificare, come oggi è il caso del PRC, è oggetto spesse volte di critiche così inconciliabili con la presenza in esso dei critici, appare come una stranezza che solo la dialettica mentale può consentire. Già, la dialettica, il campo di battaglia di tutti i rivoluzionari la cui attività volta a trasformare la società ripone soltanto sulla forza della ragione. Una dialettica basata su di un formalismo declamatorio, cioè privo della connessione alla realtà oggettiva. Non solo quella riferita ai rapporti di produzione e al suo risultato capitalistico che al più o al meno può solo determinare una certa distribuzione di reddito, ma nemmeno connessa con la coscienza che si forma come risultato della incapacità di tale politica economica di eliminare la crisi che da tendenza si fa sempre più acuta e concreta.
Ovviamente per gli entristi si tratta della coscienza rivoluzionaria, la quale, invece di essere lo specchio delle contraddizioni reali e della loro soluzione, la si fa diventare in un sol colpo quella di un partito che si pretende modificare in virtù della forza taumaturgica del pensiero entrista. Quindi assumendo la coscienza di questo partito come il prototipo della coscienza da modificare, scambiando così la rappresentazione degli interessi materiali che Marx ed Engels hanno descritto (nel Manifetso del 1848) a proposito del comunismo borghese e utopistico, con quella che il proletariato ha in partenza, la quale ovviamente non è ancora rivoluzionaria ma che necessariamente deve diventarlo per liberarsi dallo sfruttamento.
In questo processo è da notare quanto sia distante la posizione teorica degli entristi che vivono in un partito che tutto al più vuole un giusto salario per un giusto lavoro quanto invece la crisi economica spinge ambedue al di sotto del loro valore, sia quello di scambio che di condizioni storiche in cui compierlo. La coscienza che produce questo processo è ben altra cosa ed esige ben altre riforme; il sovvertimento dell'ordine economico- sociale, per la qual cosa l'elemento cosciente, ovvero la sua organizzazione, deve essere chiaro e ben presente fin dall'inizio in uno che si definisce comunista e per giunta anche rivoluzionario .
Il paradosso, e allo stesso tempo il ridicolo risultato della politica entrista potrebbe essere quello di conquistare la maggioranza del partito di Bertinotti e così decretare che il movimento operaio ha raggiunto la coscienza rivoluzionaria, salvo poi costatare la mancata rivoluzione. Un gioco da ragazzi.
Dal punto di vista politico questa vicenda quindi non ci dice niente, specie se teniamo presente che la coscienza antagonista è un prodotto storico che si forma come coscienza indipendente, di classe, come prodotto specifico che muove sì dai contrasti economici ma che deve giungere soprattutto a chiarire gli scopi che la classe sottomessa ha da realizzare per risolvere il dissidio che la vede contrapposta al capitale, più esattamente al suo incessante sviluppo, e non certo allo sviluppo della coscienza che può avere un partito politico che del sistema capitalistico nel suo insieme ne ha fatto la sua bandiera com'è il caso del PRC di Bertinotti. Gli entristi pensano idealisticamente.
Anche Lenin faceva parte della seconda internazionale, ma bisognerebbe indagare più a fondo la specificità della formazione del partito operaio in Russia, e l'incursione che esso poté fare in campo internazionale fino a decretare la II Internazionale morta per gli interessi operai. Ora non è più il tempo in cui si può dire "quando Kausky oppure Hilderfing erano marxisti" come faceva Lenin. Come d'altronde non è nemmeno più il tempo in cui si può dire "il compagno Stalin cammina con una gamba sola" come faceva Mao.
Il declino, e via via la fine di ciò che nella coscienza mondiale del proletariato si è fissato come comunismo è finito con la fine stessa dell’URSS, rappresenta allo stesso tempo anche la fine della sua rappresentazione teorica come pure e soprattutto la necessità di ripartire proprio da ciò che teoricamente fu la premessa di quel rivolgimento storico: il rapporto tra marxismo e operai. Solo in questa impostazione si potrà valutare a pieno la cosiddetta funzione degli intellettuali che giungono a capire che questa non è la migliore delle società.

Dal punto di vista simbolico questa vicenda ci dice che i rapporti tra i partiti alleati del centro sinistra sono ferreamente sottoposti all'etica del “politicamente corretto”, senza nessuna deroga. Quindi nemmeno la critica può sconfinare al di fuori di un programma che nel suo insieme è il programma del sistema capitalistico.
Detto questo, si potrebbe attendere che Ferrando si cuocia nel suo brodo, ma è la prospettiva del suo entrismo a farmi intrufolare in questa vicenda.
Sul potere che esercita Bertinotti nei confronti di Ferrando, il quale insieme ad altri è l’espressione di una componente che rappresenta il 41% del comitato politico, ci sarebbe da precisare se il 41% del CP rappresenti solo un quarantunesimo dei soggetti che lo compongono o se invece rappresenti il 41% dell'elettorato del Prc.
Le risposte ai quesiti sono le uniche che possono dare una spiegazione di questo potere di Bertinotti, da un lato, mentre dall'altro potrebbero spiegare anche il perchè dell'assenza di una benché minima azione, non dico di insorgenza, contro questa insopportabile censura.
Il teatrino della politica l'ho conosciuto fin da quando ero nella FGCI, allora nel PCI c'era Ingrao e tutto ruotava, tranne ovviamente le accuse di estremismo e quant'altro rivolto dal PCI all’unisono contro chi tentava percorsi organizzativi fuori dal PCI.
Certo, se si interpreta la vicenda dal punto di vista di Bertinotti e della sua fedeltà a Prodi e al suo programma di governo, non si può essere indifferenti nei confronti di Ferrando. Per cui si può anche esprimergli la solidarietà, ma questa non è dovuta per la coerenza del suo comportamento politico, quanto invece soprattutto per dire qualcosa contro il moderatismo di Bertinotti.
Infatti c'è da ricordare che Ferrando, insieme a tanti altri militanti che formavano e che ancora costituiscono la sinistra di rifondazione, all'epoca della legge Treu, che sappiamo ha spianato la strada alla flessibilità e alla precarietà, erano e sono rimasti dentro quel partito.
Allora dunque questa vicenda non può che dirci una sola cosa: la costituzione di un partito politico si basa su reali interessi di classe, e questi non sono modificabili se non con il rivoluzionamento dell'ordine economico di cui sono l'espressione. Per cui la strada dell'organizzazione per la classe operaia sta tutta fuori, una volta che sì da per scontato che rifondazione non è il partito dei soviet ecc. ecc.
Ai militanti della sinistra di rifondazione questa vicenda dovrebbe far riflettere, ed il cinismo di queste poche riflessioni è direttamente proporzionale con la impossibilità di cooptare Ferrando in qualche tipo di nuova organizzazione.
Ai compagni (Ricci ed altri) che ultimamente hanno deciso di abbandonare Bertinotti, come anche lo stesso Ferrando, rivolgo un caloroso invito, il quale ovviamente va anche a tutti gli estensori di piattaforme di unificazione organizzativa: per quanto riguarda l'organizzazione, se c'è un insegnamento materialistico da seguire ed un altro teorico-politico da sperimentare, è quello che non si può fare a meno, se si è decisi su questa strada, di considerare e di valutare il materiale esistente e che da tempo si è formato sul terreno dell'organizzazione di classe al di fuori di rifondazione. Non è solo una questione di metodo. Il dopo elezioni, che molto probabilmente vedrà un governo di centro sinistra, porrà con più forza la riapertura della discussione e la ricerca della soluzione in campo organizzativo, se non si vuole soccombere alla demagogia della destra.
elio. p.