sabato, marzo 11, 2006

Reddito di cittadinanza e riforma della moneta

Yuri Biondi e Antonio Casilli circa il reddito di cittadinanza sostengono che:


  • Esso contiene due indubbi svantaggi e cioè non redistribuisce il reddito (se dato universalmente e incondizionatamente) ed è potenzialmente inflattivo dal momento che ogni erogazione incondizionata di moneta aumenta la base monetaria e può attivare una spirale inflazionistica. Infatto da un punto di vista patrimoniale la moneta funge da numerario per il sistema degli scambi. In tale prospettica sia per i monetaristi che per i ricardiani ogni forma di redistribuzione sarebbe inflattiva come già inflattiva è la spesa finanziata da una riallocazione del risparmio o tramite le entrate fiscali, qualora ci si trovi in piena occupazione. Solo una visione della mometa oltremisura può fondare l'erogazione di un reddito di cittadinanza come potere d'acquisto e quindi come radicale riforma della moneta escludendo ogni corrispondenza biunivoca tra prezzo e merce. Dunque bisogna inquadrare la proposta del reddito minimo all'interno di una diversa concezione della moneta e di una sua radicale riforma. Ad una produzione immateriale e a fattori produttivi flessibili deve corrispondere una trasformazione adeguata dei mezzi di pagamento che devono perdere materialità e diventare almeno in parte portafogli elettronici di moneta bollata di cittadinanza.
  • L'economia moderna e il cosiddetto mercato del lavoro non si sono sviluppati naturalmente, ma sono stati ricercati e ottenuti tramite scelte precise (politiche ed intellettuali) tipo la legge Le Chapelier in Francia, l'abolizione dell'Atto di Speenhamland in Inghilterra. Con la nascita del sistema industriale una sorta di tecnologia del denaro si è immessa nelle relazioni sociali con la conseguenza dell'affermazione dell'idea di moneta come equivalente universale per cui il denaro si accumula soltanto o si scambia in modo equivalente. Il procedere dell'industrializzazione ha fatto poi sì che sempre più persone in Europa e nel mondo iniziassero a confrontarsi con strumenti come denaro metallico e cartamoneta che prima erano ferri del mestiere solo di circoscritte categorie di cittadini. Certo il domestico, il bracciante, l'artigiano venivano pagati per il loro lavoro, ma in maniera irregolare e non uniforme e quasi nessuno di loro conosceva il ritiro del salario corrisposto a fine mese e per nessuno di loro valeva l'idea che tale compenso venisse calcolato in base ad un rendimento lavorativo precisamente misurabile. L'Ottocento delle manifatture invece prescrisse che tutti potessero toccare il denaro e tutti dovessero applicarsi nel lavoro e a questa consuetudine progressivamente vennero condotti anche coloro che vivevano ai margini. Il sistema industriale fondando una civiltà del lavoro ha fondato una civiltà del salario e una civiltà della moneta. Teorizzando il denaro come misura del valore, lo ha usato come regolatore e manipolatore delle regolazioni sociali.
  • Con l'inizio di questo secolo il sistema fordista ha segnato l'ascesa vertiginosa della moneta. Dal 1938 al 1966 la corcolazione di moneta aurea è passata da 25 mld di Usd a 38 mld di Usd, ma la circolazione di carta moneta è passata da 24,2 (1938) a 107,5 miliardi di Usd, mentre la moneta scritturale (impegni del sistema monetario verso il settore privato per moneta fiduciaria e depositi a vista) è aumentata da 70 a 380 mld di Usd. Il calcolo razionale e la valutazione economica divenute abitudini consolidate hanno determinato la convinzione collettiva che il denaro ripaghi la performance produttiva di ciascuno. Ma di fronte al decline della forza lavoro globale, sorge la necessità di ripensare la natura stessa della moneta usata come mezzo di remunerazione dei fattori produttivi, oltre la concezione del denaro da accumulare e del denaro equivalente universale.
  • Qual è la moneta giusta per una misura minima e indifferenziata come il reddito di cittadinanza? Non la moneta d'accumulo che provocherebbe scompensi reditributivi di ricchezza, nè la moneta equivalente perchè tale erogazione sarebbe non commisurata a nessuna prestazione lavorativa. La moneta adatta a pagare il reddito di cittadinanza deve essere compatibile con la base monetaria e preferibilmente non farla crescere, non deve essere accumulabile ed infine non deve essere misura di risorse produttive (non deve essere un sostituto universale) Per soddisfare il primo di questi requisiti si potrebbe pensare ad una moneta immateriale di conto elettronico, mentre per soddisfare il secondo dobbiamo invece prospettare il ricorso ad un denaro di decumulo, un denaro cioè che perde il proprio potere d'acquisto o quando al suo investimento non corrisponde la creazione di valori (si sperimentò una sorta di denaro bollato ogni mese all'epoca della Grande Depressione in Estonia, America, Austria e Germania e Keynes e Fisher si interessarono a queste tesi di Gesell). Per soddisfare l'ultimo assunto si deve pensare ad una moneta che sia scambiabile solo con un dato dominio di beni e servizi. Non si tratta di una moneta emessa privatamente in quanto in tal caso non sarebbe garantito alcun criterio di equità e solidarietà sociale (dunque si rifiuta l'e-cash dell'olandese Chaum o dei fautori del free-banking) quanto le proposte Usa di Welfare elettronico (imitate da Inghilterra, Germania e Singapore)
  • Bisogna in prospettiva concepire una riforma monetaria ben più radicale adatta a gestire l'introduzione del reddito di cittadinanza in un orizzonte che preveda un rimodellamento della spesa previdenziale ed assistenziale classica sulla scia degli Electronic Benefits Transfers (conti elettronici in valuta per i soggetti svantaggiati da cui è possibile prelevare danaro o accedere a risorse destinate ad uso vincolato, convenienti per l'abbattimento di spese amministrative grazie ad una rete informatica che processa autonomamente tutte le transazioni). Lo Stato sociale già ha tentato di introdurre una diversa moneta, parzialmente endogena alle esigenze delle istituzioni, al fine di rendere più armoniose le relazioni tra moneta tradizionale (accumulabile) e le esigenze di consumo e di decumulo richiesti dall'economia reale.
  • Si potrebbe immaginare che per ciascun fruitore del reddito di cittadinanza viene aperto u conto corrente virtuale sul quale vengono caricate le somme dall'ente erogatore, il cui accesso verrebbe garantito da una smartcard non cedibile in grado di effettuare pagamenti per spese personali analoghi a quelli delle carte di credito o debito. Tale denaro elettronico non sarebbe coniato e non aumenterebbe la base monetaria. Il valore nominale di questa moneta non esiste sin quando l'utente non la utilizza per cui l'ammontare corrispondente al reddito sarebbe erogato solo al momento della sua spesa effettiva, mentre l'impegno di competenza si potrebbe annullare in caso di mancato utilizzo. Tale concezione della spesa supera la distinzione tra economia produttiva ed economia consuntiva (distinzione che vede i servizi come salario differito) giacchè nella nostra ottica anche la fornitura di una prestazione di Welfare rappresenta una libera scelta di spesa
  • Tale portafoglio contiene una moneta a parte, con una differente circolazione monetaria, il cui potere d'acquisto si riferisce solo a specifiche risorse. Una prima configurazione di spese ammesse al circuito della moneta di cittadinanza includerebbe spese per l'abitazione (affitto, manutenzione), sostentamento fisico, servizi culturali, scolastici e formativi, vestiario, trasporto e spese sanitarie. I portafogli elettronici di cittadinanza devono contenere una moneta di spesa che non deve essere accumulabile, nè tale da favorire la speculazione, nè separarsi dalla compravendita di beni. Si tratta di moneta di cittadinanza, non di moneta d'accumulo, dunque non risparmiabile, nè investibile, nè fruttifera. Moneta di reddito nel senso di moneta di consumo. Tale moneta si dovrebbe capitalizzare negativamente e dovrebbe diminuire il proprio valore nel tempo, dal momento che si tratta di moneta endogena legata ad esigenze sociali e individuali e legata al contributo immateriale e non calcolabile della cooperazione sociale che risponde al nome di general intellect.
  • Infatti il postfordismo prospettando il superamento della distinzione dei fattori produttivi ci introduce ad una capacità produttiva diffusa i cui contenuti non si conservano, ma sfumano in quelli che si succedono ad essi, per cui la moneta ad essi collegata si deve deprezzare nel tempo. Si può pensare a diversi scaglioni di decumulo a seconda del reddito di partenza dei cittadini beneficiari: la valuta dei più bisognosi ridurrebbe il proprio valore più lentamente di quella dei beneficiari meglio situati. Il decumulo eviterebbe gli effetti inflattivi del reddito di cittadinanza e lo renderebbe più equo pur senza fargli perdere la sua universalità.

Ecco le osservazioni che si possono fare su questa tesi:

  1. Un reddito di cittadinanza basato sul trasferimento fiscale o sul debito pubblico non dovrebbe portare ad un rischio inflattivo paragonabile a quello di un aumento della base monetaria circolante. Oltretutto con la disoccupazione strutturale non c'è più il rischio di inflazione dovuta a trasferimenti fiscali. Inoltre perchè il reddito minimo sia redistributivo esso non deve essere universale e incondizionato, anche se non deve essere condizionato all'erogazione di lavoro, ma allo stato di bisogno. Esso rimane anche in questo caso reddito di cittadinanza perchè legato ad un diritto (quello del soddisfacimento di bisogni primari) universalmente riconosciuto
  2. Il fatto che si dia moneta non vuol dire che si riconosca una prestazione lavorativa dall'altra parte, ma il fatto che di cede una quota di un generalizzato potere d'acquisto. Proprio della moneta non è il rapporto con una prestazione, ma la sua generalità. La prestazione può essere monetizzata, ma la moneta non è obbligatoriamente rapportabile ad un lavoro.
  3. Una moneta che possa essere scambiata solo con un dato dominio di beni e servizi non è vera moneta, ma un contrassegno del diritto ad essere utente di determinati servizi e ciò ridurrebbe il reddito di cittadinanza a una riduzione dei servizi sociali fruibili dalla cittadinanza, Al limite si potrebbe pensare ad una quota del reddito minimo del tutto monetaria ed un' altra quota usabile solo per determinate gamme di beni e servizi, ma il tutto senza esagerare. La quota monetaria sarebbe di decumulo, mentre quella legata a servizi sarebbe utilizzabile in un arco di tempo illimitato, anche se essa non potrebbe corrispondere interessi e non sarebbe moneta di credito
  4. Ma l'acquisto di beni o servizi da parte del destinatario del reddito di cittadinanza pur non aumentando la moneta emessa non aumenta il numero di scambi ? E questo non implica comunque una dinamica inflattiva? Inoltre cosa corrisponde a chi fornisce la merce o il servizio? Se corrisponde un costo questo deve essere compensato da moneta trasferita o emessa ex-novo. Dunque la dinamica inflattiva non è scongiurata.
  5. Le spese per l'affitto non sarebbero sostenibili per un reddito di cittadinanza (a meno che non si tratti di famiglie con più elementi) : esse vanno sostituite da posti letto, stanze, abitazioni a prezzi popolari. Anche le prestazioni sanitarie e scolastiche non sono monetizzabili nel reddito di cittadinanza
  6. L'analogia tra saperi transeunti e moneta di decumulo non è sostenibile: i saperi per quanto antichi sono sempre riciclabili, mentre la moneta di decumulo deve soltanto evitare la trappola della liquidità e promuovere i consumi materialmente più necessari
  7. La tesi degli scaglioni di decumulo è interessante per distinguere tra loro i destinatari del reddito di cittadinanza, ma ciò non implica l'universalità del reddito di cittdinanza stesso: le persone che superano un certo reddito devono essere escluse, anche se sono titolari del diritto all'esistenza che motiva l'erogazione del reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza è uno strumento selettivo che permette l'esercizio del diritto all'esistenza, ma non il contenuto del diritto stesso

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