sabato, dicembre 10, 2005

Reddito di cittadinanza: storia

Del Bò poi vede in Joseph Charlier (http://muse.jhu.edu/cgi-bin/access.cgi?uri=/journals/history_of_political_economy/v033/33.3cunliffe.pdf) il primo a teorizzare il basic income unificando il principio per cui le istituzioni devono provvedere a chi si trova in stato di bisogno e fosse disposto a lavorare (a meno che non fosse impedito) teorizzato da Moro e Vives e il principio di Condorcet e Paine per cui ognuno ha diritto ad una fetta equa della ricchezza sociale.
In epoca moderna hano difeso il principio Tobin, Meade, e Philippe Van Parijs (su quest' ultimo http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/020412b.htm
http://cfs.unipv.it/opere/carter/reddito.doc

Del Bò però poi mette in relazione il basic income con la riforma dello stato sociale
e qui non mi trovo molto d'accordo, nel senso che il basic income non deve sostituire lo stato sociale, quanto integrarlo (il fatto della sostituzione è teorizzato dai sostenitori liberisti del basic income). Ovviamente a tal proposito bisogna porsi il problema della sostenibilità, dal momento che l'uno non sostituisce l'altra


Bascetta e Bronzino citano pure la libertà dal bisogno e Rawls, per il quale il mercato non è adeguato a soddisfare il criterio del bisogno e per il quale dunque il minimo sociale deve afr parte dellaarchitettura costituzionale della società
Personalmente sono d'accordo col fatto che il basic income debba far parte della Grundnorm di una costituzione che si basi sul concetto di cittadinanza: cittadino è chi riceve almeno un basic income, in caso di bisogno

A mio parere però anche in marx possiamo trovare un'intuizione della possibilità del basic income, sia come momento di una patologia sociale, ma anche come criterio di redistribuzione delle risorse : il secondo è la famosa frase: "da ciascuno secondo le sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni"; il primo lo vedo in questa citazione dal Manifesto:
"Al contrario, il lavoratore moderno, invece di elevarsi con il progresso dell'industria, tende a impoverirsi rispetto alle condizioni di vita della sua classe. Il lavoratore diventa povero, e la povertà si sviluppa più rapidamente della popolazione e della ricchezza. Emerge così chiaramente che la borghesia non è in grado di restare ancora a lungo la classe dominante nella società e di dettarvi legge alle sue condizioni. La borghesia è incapace di governare perché non è in grado di garantire l'esistenza ai suoi schiavi all'interno del suo stesso schiavismo, perché è costretta a lasciarli sprofondare in una condizione che la costringe a nutrirli, anziché esserne nutrita. "

In questa seconda citazione (meno tenera col basic income) vediamo che il basic income è uno degli esiti di quella tendenza dell'economia capitalistica a crisi di sottoconsumo, e dunque è la spia che il lavoro salariato non è affatto un sistema che consenta una corispondenza tra attività erogata e soddisfaciamento dei bisogni, al punto tale che esso produce crisi che hanno costretto gli stessi governi capitalisti a dover produrre il consumo di massa e tanti altri stratagemmi che urtano una morale tradizionale ancora legata al rapporto "virtuoso" tra lavoro e consumo (si pensi ai lavoratori che scavano buche e poi le riempiono di Keynes, oppure al pagamento rateale e alla propensione all'indebitamento privato e pubblico etc etc)

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