lunedì, ottobre 31, 2005

Segnalazioni

Guagliò, e' muvimmece nu poco...nientemeno quindici giorni!!! riposo????
Allora ieri sono stata alla notte bianca e malgrado i problemi di carnaio umano a piazza Dante devo riconoscere che mi sono sentita una privilegiata: ho potutto godermi sia lo spettacolo du Circle du soleil, magico veramente sia Beppe Grillo di cui vi dico: eccezziunale veramente. Certo dà da pensare, soprattutto quando ci richiama ad una certa dose di responsabilità che siamo tanto bravi a disconoscere agli altri ma mai a noi stessi!!!! Andatevi a guardare il suo blog...l'indirizzo è a lato --->
Intanto approfitterei per segnalarvi qualche libricino, troveremo mai chi ci può fare una recensiona dal taglio critico?

1. Mobilità. I segni del collasso
Autore: Frederic Vester
Editore: Edizioni Andromeda

2. Cella, G.P.
Titolo:Il sindacato
Collana: Biblioteca Essenziale Laterza

3.Ichino Pietro A che cosa serve il sindacato. Le follie di un sistema bloccato e la scommessa contro il declino, FrecceMondadori

4."Precari. Percorsi di vita tra lavoro e non lavoro" di Andrea Tiddi DeriveApprodi

sabato, ottobre 15, 2005

L'eclissi del lavoro

Mentre Mina ed Italo si confrontano via telefono, mi stimolano ad intervenire sul blog con alcune riflessioni che spero suscitino altri interventi. Dopo una prima ricognizione fatta personalmente e da altri redattori e collaboratori della rivista, si è constato la difficoltà di aggregare altre giovani forze intellettuali sull'analisi delle problematiche legate al lavoro. Ciò secondo me è la spia di una rimozione radicale della prospettiva marxiana, obliando la centralità delle dinamiche relative agli assetti produttivi e lavorativi assolutizzando altre dimensione dell'esistente. Come rivista ci aspetterà l'arduo compito di cercare di rimettere al centro del dibattito politico-culturale un tema assai scottante e dalle forte implicazioni sociali, politiche e culturali di cui, di questi tempi, non convene parlarne sia a livello accademico sia a livello politico.

domenica, ottobre 09, 2005

lavoro e carriera per le donne?

A dire il vero la lettura del libro "Donne, colf e badanti" mi aveva già colpito per alcune cose che toccavano la mia esperienza personale oltrechè darmi alcuni spunti di riflessione. Ma il top l'ho registrato ieri quando ho trovato conferma ad un assunto che nell'apparenze suscita quell'amara sufficienza che nasconde come sempre una terribile verità. L'affermazione dle libro era che stanno crescendo giovani generazioni di donne che non sanno fare le cose più elementari, anzi che non sanno fare...proprio nel senso fabbrile... più niente e pertanto hanno bisogno di altre donne che lo fanno per loro. Cioè nell'enfasi dell'emancipazione e del rifiuto di quanto pertiene alla cura anche della casa, giovani donne in carriera hanno bisogno altre donne che rinunciano ai loro affetti familiari perchè suppliscano a quei compiti ritenuti ingiustamente un peso , diciamolo pure una schiavitù! Giovani che non sanno fare pulizie in profondità, non sanno cucinare, hanno bisogno di chi accudisca ai loro figli mentre vanno a lavorare etc. etc...Quindi cosa succede: bisogna lavorare di più per pagare l'extra--quindi più soldi, più tempo al lavoro- ricorrere ad altre che vengono ritenute più "deboli", migrazioni, sfruttamento del lavoro etc etc...Insomma pe farvela breve, ho giocato a cambiare le tende di casa, pensavo che fosse facile trovare chi me le potesse rifinire, un'amica mi ha chiesto una cifra esorbitante, dal tappezziere peggio che andare di notte, ergo...l'amica mi ha rimarcato che saprò pure studiare e insegnare ma non so cucire e ho bisogno di altre...e queste altre si fanno pagare ma io penso che il prezzo che mi hanno chiesto è scandaloso e che tutto è cominciato per gioco e al diavolo il femminismo bisogna pure saper cucire ..perchè andando di questa maniera consumo tutto lo stipendio per...cose che mia mamma sa fare e io no! ;-)))

martedì, ottobre 04, 2005

suggerimenti per il numero della rivista

Prendendo spunto dal Valentino Parlato che ha citato Mina sullo scorso blog, penso che occorrerebbe pensare delle domande da rivolgere a qualche sindacalista serio che conosca il mondo dei lavori e perchè no anche a qualcuno serio di confindustria e confagricoltura, dato che nel postfordismo ci possono essere tra i padroni gente che ha idee chiare di innovazione, cambiamento della composizione del lavoro e insomma delle classi sociali. E bisogna individuare anche le persone da intervistare. Che ne pensate?

sabato, ottobre 01, 2005

lavori antichi, sindacato moderno

In un'intervista di Valentino Parlato su Il Manifesto del 15 settembre ho trovato delle osservazioni che mi sembrano più che corrette nel fotografare la situazione attuale di lavoro-sindacato: "il declino delle categorie se esse non saranno capaci di rappresentare il lavoro (i lavori) che cambia; il recupero della centralità del lavoro e dei lavoratori che interloquisce fortemente e autonomamente con la politica che sempre più perde o nasconde il senso degli interessi sociali in un campo e del conflitto sociale stesso; una trasformazione del sindacato, che diventa più politico ("più confederale! in sindacalese) e che, per la sua natura,deve dare nuove indicazioni di senso al suo essere rappresentante di interessi e al suo essere presidio inelimininabile della democrazia".
Alcune cose:
1. effettivamente ha più senso parlare di "lavori" e non più di lavoro come categoria unificante, per meglio articolare le sfaccettature attuali della trasformazione del lavoro stesso rispetto alla sua considerazione storica ottocentesca e di inizio novecento
2. lavori e politica: il conflitto sociale è ancora al centro dell'agenda politica? Tra una finanziaria e l'altra direi proprio di no. Tra l'altro mi chiedo quanto comprendano la deregulation o il problema del tfr con il fondo Espero....
3. la funzione del sindacato: esso riesce concretamente a rappresentare gli interessi delle categorie? Direi che sul tavolo delle concertazioni spesso il sacrificio di alcune categorie è molto più alto rispetto ai risultati che si ottengono. Il sindacato è fortemente politicizzato e spesso si rivela più una porta chiusa per il lavoratore che uno strumento di tutela e lotta.