sabato, ottobre 01, 2005

lavori antichi, sindacato moderno

In un'intervista di Valentino Parlato su Il Manifesto del 15 settembre ho trovato delle osservazioni che mi sembrano più che corrette nel fotografare la situazione attuale di lavoro-sindacato: "il declino delle categorie se esse non saranno capaci di rappresentare il lavoro (i lavori) che cambia; il recupero della centralità del lavoro e dei lavoratori che interloquisce fortemente e autonomamente con la politica che sempre più perde o nasconde il senso degli interessi sociali in un campo e del conflitto sociale stesso; una trasformazione del sindacato, che diventa più politico ("più confederale! in sindacalese) e che, per la sua natura,deve dare nuove indicazioni di senso al suo essere rappresentante di interessi e al suo essere presidio inelimininabile della democrazia".
Alcune cose:
1. effettivamente ha più senso parlare di "lavori" e non più di lavoro come categoria unificante, per meglio articolare le sfaccettature attuali della trasformazione del lavoro stesso rispetto alla sua considerazione storica ottocentesca e di inizio novecento
2. lavori e politica: il conflitto sociale è ancora al centro dell'agenda politica? Tra una finanziaria e l'altra direi proprio di no. Tra l'altro mi chiedo quanto comprendano la deregulation o il problema del tfr con il fondo Espero....
3. la funzione del sindacato: esso riesce concretamente a rappresentare gli interessi delle categorie? Direi che sul tavolo delle concertazioni spesso il sacrificio di alcune categorie è molto più alto rispetto ai risultati che si ottengono. Il sindacato è fortemente politicizzato e spesso si rivela più una porta chiusa per il lavoratore che uno strumento di tutela e lotta.

4 commenti:

meinong ha detto...

Per me si può sempre parlare di lavoro se si guarda alla produzione di plusvalore, cioè se è lavoro salariato o meno.
Come categoria analitica quella di lavoro rimane valida.
Altro è il problema della rappresentanza politica unitaria del lavoro. E qui forse il termine "plurale" è più comprensibile
Quanto al carattere politico del sindacato, esso è nel momento in cui non c'è più un partito politico che rappresenti le istanze dei lavoratori un momento inevitabile. Si tratta di una "supplenza"
L'esperienza americana di sindacati non politicamente schierati è stata alla fine un fallimento per la classe lavoratrice
Ci deve essere un momento si sintesi che garantisca al meglio l'unità dei lavoratori tra loro almeno nella difesa delle conquiste realizzate nei decenni scorsi
Quanto alla distanza tra sindacato e lavoratori non è dovuta alla eccessiva politicizzazione del sindacato, ma alla spoliticizzazione della società, spoliticizzazione che ha relegato la "politica" a tecnica e non a forma concreta di vita.
Altro problema è la mancanza di conflittualità sul posto di lavoro, mancanza di conflittualità che genera una separazione tra base e vertice del sindacato, separazione che rende il sindacato più sensibile alla corruzione (culturale e non) da parte degli interlocutori istituzionali

lunanera ha detto...

Cominciamo da principio...sono d'accordo con te che il discrimine fondamentale per parlare di lavoro resta il salario, pertanto il lavoro è ancora una categoria analitica valida. Il problema è effettivamente la rappresentanza politica che fa acqua da tutte le parti...Pensiamo ai precari della scuola. Pensiamo alla riforma Berlinguer della scuola che prevedeva tagli "eccezziunali veramente" e il maggiore sindacato di ...sinistra non ha battuto ciglio! Questa della Moratti poi! Pensiamo agli aumenti di stipendi dei dipendenti pubblici - insisto: degli insegnanti! - una miseria...!!! Indubbiamente questa supplenza, come la chiami tu, imbastardisce la pratica sindacale, le tessere sono uno strumento di scambio politico e magari di finanziamenti pubblici...lo sai che dal mio stipendio si prendono ben 20 euro senza tesseramento perchè i sindacati si siedono al tavolo delle contrattazioni? Io però non sono stata mai interpellata! la rappresentanza...diciamo un fotti fotti di soldi...Francamente mi risulta difficile pensre al momento dela sintesi...anche perchè ci sono categorie che vengono scamazzate proprio da quei sindacati che pensi abbiano una linea "politica" più vicina! Quando questa obiezione l'ho fatta di persona ad un sindacalista mi ha risposto che il problema sono gli uomini di poca informazione che il sindacato ha tra i suoi...paladini! e che certe decisioni sono solo prese dall'alto!!! A proposito questo dello scollamento tra base e vertice...ma allora a che serve il sindacato? Solo per le categorie forti? Certo ci gioca la spoliticizzazione della società, anche se forse questa sta diventando un luogo comune...continuiamo a parlarne....

lunanera ha detto...

Credo che al problema della rappresentanza c'è proprio un problema di mediazione che non funziona ed anche dei luoghi di incontro tra lavoratori e sindacato...

meinong ha detto...

Non credo che la supplenza politica imbastardisca la pratica sindacale. La rende più complessa è più esposta ad imbastardimenti, ma questi sono i rischi legati alla pratica politica in un clima di spoliticizzazione della società.
Se la rappresentanza è isolata, data la bassa partecipazione, è ovvio che essa cominci a funzionare secondo una logica autonoma (perchè l'interlocuzione latita...)Tale funzionamento porta alla mucillagine...
Quanto ai soldi, da noi chi non si iscrive non paga un cacchio...
Però un sindacato senza soldi come fa?
E come facciamo noi a criticare il sindacato senza esserne almeno iscritti?
Certo c'è molta corruzione, ma se la base tuonasse ti farei vedere il divertimento...invece la base spesso bruca il prato...(basta guardarsi attorno...)
A che serve il sindacato?
Il sindacato non è un patronato o un istituzione che funziona da sè. Ripeto, noi siamo il sindacato
E quando dormiamo i nostri rappresentanti cominciano ad essere zombie (con tutte le conseguenze negative del caso...)