sabato, febbraio 04, 2006

Ancora Van Parijs sulla giustificazione libertaria del reddito minimo

Per Van Parijs il basic income sarebbe uno degli strumenti di una sorta di via capitalista al socialismo.
Egli analizza prima la teoria libertaria che giustifica il basic income e cerca di migliorare la versione che si ispira a Nozick (per la quale chiunque abbia avuto il proprio reddito diminuito a causa di un'appropriazione privata di un bene comune, ha diritto ad un risarcimento che riporti il suo benessere al livello di cui avrebbe goduto nello stato di natura). Egli infatti dice che poichè il nostro diritto di usare le risorse naturali in comune è stato violato da privati accaparratori, possiamo pretendere molto più del minimo che ci serve per non stare peggio di quanto staremmo nello stato di natura. Abbiamo perciò diritto ad un'equa quota di tutto ciò che è stato prodotto con le risorse naturali che avremmo potuto utilizzare altrimenti. Il diritto a questa quota è senza dubbio indipendente sia dal reddito proveniente da altre fonti e sia dalla disponibilità al lavoro oltre a non essere discriminante riguardo alle caratteristiche personali. Il fatto che alcune persone non sono in grado di usare i beni comuni (a causa ad es. di un handicap fisico) non li priva assolutamente del diritto alla loro parte esattamente come il fatto che qualcuno non possa raccogliersi le sue mele da solo non significa che chiunque potrebbe rubarle. C'è però la difficoltà di stabilire in percentuale ed in valori assoluti l'entità del basic income a partire da questa giustificazione (ad es. devono tutti ricevere lo stesso ammontare nel corso della loro vita o chi vive di più deve ricevere di più ? Oppure quelli che appartengono ad una generazione meno numerosa devono ricevere di più procapite che non chi appartiene ad una generazione più numerosa?) : Van Parijs nota a questo proposito che sia pure si trovassero soluzioni teoriche a questi problemi, in questo modo (adottando cioè una teoria come quella di Paine che dà diritto in un momento successivo solo alle migliorie apportate alla terra e non la proprietà della terra stessa) si può legittimare solo una magra entrata che continuerebbe a diminuire in rapporto al reddito totale, man mano che le risorse naturali decrescono, mentre il capitale, la specializzazione e la popolazione crescono . Questa diminuzione potrebbe essere ragionevolmente arrestata convenendo che la diminuzione delle risorse naturali non dovrebbe ridurre i diritti delle persone, perchè ogni generazione dovrebbe aumentare il capitale per compensare il proprio concorso all'impoverirsi delle risorse naturali; in altre parole i fondi disponibili potrebbero essere determinati dal valore pieno delle risorse del pianeta come erano prima che l'umanità cominciasse a sfruttarle. Tuttavia , afferma Van Parijs, l'ammontare del basic income pure sarebbe magro. Invece un entrata più corposa sarebbe possibile se invece del solo ammontare del capitale, tutta la ricchezza prodotta dalle generazioni precedenti fosse considerabile come proprietà comune, ma questo comporterebbe un allontanamento dalla prospettiva libertaria perchè si contesterebbe la distinzione tra beni naturali ed artificiali.
Van Parijs poi si occupa del come si dovrebbe determinare la quota di prodotto totale attribuibile alle risorse naturali e cita Locke per il quale il lavoro umano contribuisce alla maggior parte del prodotto poichè ben poco può fare la terra senza il lavoro umano. Ma Van Parijs obietta che senza risorse naturali non si potrebbe produrre niente e dunque andrebbe redistribuito l'intero prodotto. Si può obiettare che il criterio di Locke è incoerente perchè se si applicasse a tutti i fattori di produzione si finirebbe per distribuire molto più del 100% del prodotto, ma anche criteri diversi andrebbero incontro a difficoltà (ad es. se si usassero valori competitivi ciò implicherebbe in presenza di condizioni uguali che il contributo relativo del lavoro umano sia minore se la gente vuole lavorare e maggiore nel caso opposto)
Van Parijs alla fine della sua analisi comunque conclude che una giustificazione libertaria può solo legittimare un forte diritto ad una sovvenzione piccola e dunque non è opportuna un'idea di società in cui le istituzioni rispettano e proteggono un insieme di diritti naturali ad essa preesistenti. Invece una società concepita come una realtà i cui membri godono di autentica libertà uguale per tutti (comprensiva dei mezzi materiali per vivere la propria vita come si desidera), allora la giustificazione di un basic income non insignificante non è più irrangiungibile

Le considerazioni che vengono in mente sono le seguenti:
  1. Le giustificazioni libertarie sono da un lato antiquate perchè si rifanno anacronisticamente ad un'epoca in cui la fonte della ricchezza era la terra; d'altro canto esse possono essere avveniristiche in un'epoca di crisi ecologica e di consumo esasperato delle risorse naturali e di mercificazione anche dei corredi genetici; sicuramente esse sono complicate in quanto presuppongono il calcolo economico applicato a tutta l'ecosfera e questo è forse de facto impossibile. Per quest'ultimo motivo (ma anche per il suo approccio astorico alla questione) ritengo che la giustificazione e la valutazione del basic income debba avere un fondamento diverso da quello libertario
  2. Non si riesce a capire perchè il basic income basato sul diritto originario all'uso dei beni comuni debba essere di valore molto basso. Non vedo dove Van Parijs argomenti a questo proposito (se non si presuppone che la produzione attuale sia basata molto più sul lavoro che non sulle risorse naturali, ma questo Van Parijs non lo fa...anzi critica a tal proposito la tesi di Locke)
  3. La tesi per cui l' apporto percentuale del lavoro sul prodotto complessivo sia più basso se la disponibilità a lavorare sia propria di un maggior numero di attori vale solo se si considera la quota di lavoro procapite (e non il lavoro complessivo) e/o si considera il prodotto totale come una costante. Sicuramente tale maggiore disponibilità non è comunque in relazione con la valutazione dell'incidenza del lavoro sul prodotto totale
  4. Van Parijs ha ragione nel dire che l'idea di società liberale (le istituzioni come tutori di diritti preesistenti) può solo legittimare un basic income di tipo residuale, mentre una società comunista (anche se Van Parijs non la definirebbe così) legittimerebbe un basic income che sarebbe uno strumento per la realizzazione della libertà reale di soddisfare i propri bisogni (storicamente e non naturalisticamente intesi). Tuttavia la fase attuale ci impone (dato il fallimento della transizione al socialismo marxianamente intesa) di considerare il basic income qualcosa di intermedio tra uno strumento liberale ed uno strumento comunista (non a caso lo stesso Van Parijs parla di transizione capitalista al socialismo). Lo stesso Van Parijs inoltre considera necessario il calcolo della sostenibilità economica del basic income: ciò vuol dire che il livello del basic income è il risultato di un conflitto sociale alla fine del quale si determini il valore del surplus sociale che può essere redistribuito. Per chi è comunista questo valore è molto alto, ma la forza attuale dell'avversario ci costringe ad appoggiarci anche sull'ideologia liberale per costruire il consenso attorno a questo strumento e dunque a stabilire prima del reddito di cittadinanza un reddito minimo di esistenza al di sotto del quale non sia possibile andare quale che sia il livello di produttività storicamente rilevabile

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