domenica, febbraio 05, 2006

Van Parijs e le giustificazioni egualitariste del reddito minimo

Van Pariijs analizza poi le giustificazioni egualitariste del reddito minimo e dice:

  • Anche se i bisogni sociali e la produttività sono differenziati, per egualitaristi quali Baker esiste nella società un surplus che va redistribuito egualitaristicamente sotto forma di basic income.
  • Per alcuni marxisti, essendo il comunismo dispiegato quel sistema dove le persone saranno ricompensate in base ai loro bisogni, il reddito minimo (portato ad un livello tale che non rimangano altre risorse per la ricompensa dei contributi alla produzione) è uno strumento che getta le basi per la realizzazione diretta del comunismo
  • Ma sia all'interno di relazioni capitalistiche che di relazioni socialiste, qualunque tentativo di realizzare il comunismo in questo senso condurrebbe inevitabilmente al disastro, giacchè gli incentivi a lavorare e risparmiare in entrambi i sistemi come ad investire (nel solo sistema capitalistico) ne uscirebbero drammaticamente compromessi
  • L'interpretazione più immediata di una parziale realizzazione è allora quella di introdurre inizialmente un livello di basic income abbastanza basso, per poi aumentarla al massimo una volta che si sia garantita la sussistenza per tutti attraverso un reddito condizionato dal lavoro e si sia mantenuto il potenziale produttivo almeno uguale per la generazione successiva. Più piccolo è il divario tra basic income e livello di sussistenza (cioè maggiori saranno i bisogni soddisfatti senza condizioni) più le persone saranno libere di scegliersi le attività non alienate La quota di reddito originata dal lavoro progressivamente con la crescita delle forze produttive scenderebbe a zero e così il comunismo verrebbe realizzato.
  • Tale criterio però per Van Parijs è indifendibile: infatti la massimizzazione del basic income quando avrà portato quest'ultimo al di sopra del livello di sussistenza porterà ad una mancata coincidenza tra distribuzione secondo i bisogni e libertà di ognuno di scegliere l'attività che si vuole svolgere (tra livello assoluto del basic income e livello proporzion ale al reddito derivante da lavoro). Supponiamo infatti che il livello del basic income venga elevato al massimo sostenibile : ogni ulteriore tassazione ridurrebbe questo livello per effetto della disincentivazione, ma il principio marxiano richiede che una tassazione ulteriore sia necessaria per massimizzare il livello relativo del basic income.
  • A questo argomento alcuni rispondono che il criterio marxiano non porta al massimo il benessere, ma espande al massimo possibile (dato il livello di sviluppo delle forze produttive) la libertà di affrancarsi dal lavoro alienato: proprio a causa dell'effetto disincentivante di una maggiore tassazione (o di un più basso reddito netto) la quantità di lavoro pagato che viene prestato secondo il criterio marxiano sarà minore di quanto sarebbe se il livello assoluto di basic income fosse elevato al massimo. Se ne potrebbe dedurre che più persone passeranno più tempo in attività non alienate e dunque il regno della piena libertà si realizzerà più compiutamente di quanto lo sarebbe con un più alto basic income
  • Per Van Parijs tuttavia questo argomento non regge dal momento che l'effetto finale sul volume della attività non alienate (che non si identificano immediatamente con attività non pagate ) è incerto . Può darsi che l'effetto principale di una maggiore tassazione sia soprattutto la crescita di lavoro informale poco produttivo, con un incremento generale del lavoro alienato. In secondo luogo la quantità di tempo libero di cui si gode è solo una dimensione della libertà, mentre un altra è la quantità di reddito che si può utilizzare in questo tempo libero. Quindi anche se il tempo libero cresce man mano che il criterio marxiano ci conduce oltre il livello massimo di basic income, questo non segna per forza un incremento complessivo della nostra libertà, perchè contemporaneamente diminuisce il reddito di tutti. In terzo luogo anche se la maggiore tassazione aumenta il volume delle attività non alienate da una parte, essa diminuisce dall'altra la libertà di impegnarsi in queste attività. Se le persone compiono più attività non alienate, non è perchè la loro libertà di impegnarvisi sia stata accresciuta, ma perchè la loro libertà di fare altre cose (cioè attività più lucrose) è stata ridotta.
  • Se esiste quindi un argomento marxiano a favore del basic income, esso deve fare appello ad una concezione della società giusta fondata su di una visione particolare di ciò che è bene nella vita. Se il criterio marxiano va giustificato non è perchè si preoccupi della libertà delle persone, ma in quanto sacrifica una parte della loro libertà in favore di attività non alienate. Tuttavia il diritto incondizionato ad un reddito di base sembra uno strumento inefficace nel servire un ideale come questo (che si definirà "perfezionista"), in quanto se si crede che il lavoro pagato, anche se accettato liberamente vada scoraggiato, mentre le attività non pagate vadano invece incoraggiate, si dovrà avere un'idea di quali dovrebbero essere queste attività non pagate (per esempio la realizzazione di sè piuttosto che giocare a biglie)
  • L'alternativa dunque sta nel rivisitare "il regno della libertà" nel modo più rigoroso, ma non più collegato al metodo marxiano cioè all'elevazione massima o della quota di basic income fino al reddito medio, oppure della quota di prodotto totale distribuita secondo i bisogni e non secondo il lavoro. La scelta è quella di saltare direttamente all'elevazione massima del basic income in termini assoluti (fatti salvi il livello di sussistenza e il potenziale produttivo) fino a quando esso rimane sotto il livello di sussistenza. Il basic income deve essere cioè elevato al massimo livello sostenibile per espandere quanto più possibile la quantità di mezzi economici disponibili per i bisogni dei più svantaggiati. Non è una posizione rigorosamente egualitaria, ma poichè pone l'attenzione sui meno fortunati, essa ha forti credenziali egualitarie e può giustificare un generoso basic income. Esso si concilia con numerosi argomenti a favore del basic income quali quello di Warren Johnson ( per cui il reddito garantito consentirebbe a chi trova la sua vita insoddisfacente di avere un minimo di risorse per muoversi in altre direzioni), di Gunnar Adler-Karlsson (per cui il basic income consentirebbe alla forza lavoro di non accettare insostenibili condizioni di lavoro) di Bill Jordan (per cui il reddito minimo darebbe ad ognuno l'opportunità di esercitare il diritto di non lavorare)
  • Altri pensatori marxisti hanno comunque diffidato del basic income, in quanto denunciando lo sfruttamento capitalistico ed intendendo lo sfruttamento come un trarre profitto dal lavoro altrui, essi considerano il basic income come una nuova forma di sfruttamento da parte dei beneficiari nel confronti dei lavoratori. Tuttavia obietta Van Parijs il massiccio contributo dei "beni sociali" alla ricchezza della società (risorse naturali, struttura legale, differenti capacità) mettono seri dubbi sul principio del diritto all'intero prodotto e quindi sulla rilevanza normativa dello sfruttamento concepito come violazione di questo principio. Tuttavia il pensiero marxista più recente ha prodotto un'interpretazione alternativa dello sfruttamento che è al tempo stesso immune da questi dubbi e più adatta a giustificare il basic income.
  • Si tratta in questo caso della spiegazione dello sfruttamento capitalistico in termini di rapporti di proprietà come disuguaglianza di benessere materiale prodotta dall'ineguaglianza di beni alienabili. Tale definizione permette di considerare come sfruttato anche chi scelga di non lavorare e di vivere dei modesti interessi che ricava da una proprietà al di sotto della media. Per Roemer la differenza iniziale nella distribuzione della ricchezza può considerarsi l'ingiustizia maggiore del sistema capitalistico a causa delle opportunità ineguali che produce. Un modo diretto di abolire lo sfruttamento capitalistico sarebbe quello di dare ad ognuno una quota uguale di beni sociali alienabili. A meno che non si riducano arbitrariamente le esigenze di giustizia ai soli beni produttivi (officine e titoli e non casa e denaro contante) questo fa pensare che qualunque cosa ereditata o donata in una società di questo genere dovrebbe essere assorbita dalle tasse e distribuite come basic income uguale per tutti.
  • Quest'idea converge con la concezione dell'eguaglianza di risorse esterne di Ronald Dworkin : fino a quando si fa astrazione dalla ineguaglianza delle risorse interne (talenti e capacità personali) , l'ideale egualitario vuole che le persone debbano ricevere solo rimesse in contanti uguali per tutti con cui poter acquisire beni reali, per cui ciò che va distribuito egualmente tra tutti non è solo ciò che abbiamo ricevuto dalla natura, ma tutto quello che è arrivato a noi dalle generazioni precedenti. Questa idea riprende l'intuizione del socialista autoritario E. Bellamy (per il quale bisognava dare un reddito sociale uguale per tutti a fronte delle conoscenze e dei macchinari che contribuiscono in maggior parte alla produzione rispetto al lavoro vivo e che sono un'eredità generale, che appartiene anche a chi non lavora) e quella di G.D.H. Cole per il quale i redditi vanno distribuiti in parte come ricompensa del lavoro prestato ed in parte come pagamento diretto dello Stato a ciascun cittadino come dividendo sociale e riconoscimento del diritto di ciascun cittadino a condividere in quanto consumatore l'eredità comune della capacità produttiva, capacità che consiste nel prodotto del lavoro attuale più l'eredità sociale di creatività e di competenze intrinseche allo stato di avanzamento e di istruzione raggiunto nella produzione. Oskar Lange riutilizza il termine "dividendo sociale" per definire la quota di profitto sociale netto nell'uso dei mezzi di produzione di proprietà collettiva, slegata dal contributo lavorativo di ogni singolo cittadino
  • Anche l'ipotesi che chiameremo di Roemer-Dworkin però per Van Parijs ha il limite di doversi fermare a metà: in quanto una volta che le preoccupazioni egalitarie sono estese dai beni alienabili a quelli inalienabili, dalle risorse esterne a quelle interne, diventa difficile vedere come si dovrebbe giustificare un basic income uguale per tutti piuttosto che un articolato sistema di tassazioni sulle capacità naturali e risarcimenti per gli handicap. Inoltre non ci si può aspettare che una tassa su lasciti e donazioni possa finanziare (quale che sia l'aliquota) un basic income maggiore del 15% del prodotto interno lordo pro-capite

Le considerazioni che si possono fare su queste tesi di Van Parijs sono le seguenti:

  1. Gli incentivi a lavorare ed a risparmiare per quanto diminuiti sarebbero compensati dall'aumento di produttività e dall'aumento della composizione organica del capitale. Nella società di transizione inoltre si tenderebbe ad una redistribuzione omogenea del lavoro socialmente necessario, più che alla retribuzione di fasce di popolazione con il solo reddito di cittadinanza. La necessità del basic income si rivela più nella fase ancora capitalistica dei rapporti di produzione e in chiave ideologica come cartina di tornasole sia dell' esistenza di un surplus che viene tesaurizzato come profitto e rendita, sia del progressivo allentamento del rapporto tra reddito e lavoro generato dal dominio del lavoro morto sul lavoro vivo e della necessità dunque di trasformazione dei rapporti di produzione
  2. La critica di Van Parijs (che è più una critica al rapporto comunistico tra capacità e bisogni) non tiene conto del fatto che i bisogni e la libertà dal lavoro si interdefiniscono reciprocamente per cui la libertà del lavoro viene compensata da una rimodulazione dei bisogni verso il basso (sempre in modo da non andare al di sotto del livello di sussistenza) in maniera tale da evitare la contraddizione tra la loro soddisfazione e la libertà. Van Parijs non pensa che in una società dove viene aumentato il tempo libero possono diminuire i bisogni feticistici legati ad es. all'acquisto di merci, mentre possono venire valorizzati i bisogni non mediati dal sistema delle merci e tarati più sulla messa in atto delle proprie potenzialità che non sul continuo acquisto di beni durevoli che non vengono però adeguatamente utilizzati e manutenuti (ad es. se si acquista un libro lo si legge e lo si studia, se si acquistano dei vestiti li si utilizza per un certo periodo di tempo prima di acquistarne degli altri, se si acquista un giocattolo lo si utilizza in tutte le sue potenzialità ludiche etc.)
  3. La crescita del lavoro informale e meno produttivo può ben essere in parte esorcizzata da altri provvedimenti (ad es. incentivando le imprese che assumono a salario minimo) ; inoltre questo presupporrebbe che il ricorso a lavori alienati non sia legato all'indigenza, ma questo è in molti casi poco probabile. Inoltre Van Parijs presuppone che la possibilità di spendita di tempo libero sia per forza vincolata da un'alta disponibilità di liquidi e dalla necessità di consumi, cosa che invece è maggiormente vera quando il tempo libero a disposizione è poco (tant'è che quando da adolescenti o da giovani avevamo più tempo libero, si passava un sacco di tempo divertendosi con poco o niente)
  4. La visione marxista non esplicita alcuna visione di società giusta perchè parte sempre da situazioni determinate a partire dalle quali si dispiegano possibilità determinate, per cui gli strumenti usati non risolvono completamente un problema, ma tendono ad accrescere le chances di azione che possano consentire una soluzione progressiva dei problemi stessi. I fini che di volta in volta ci si pone, oltre ad ispirarsi a criteri di eguaglianza e libertà, rappresentano possibilità concrete che vanno perseguite a partire dagli spazi che si aprono all'interno dei conflitti esistenti nelle diverse fasi storiche. Modelli di società giusta servono solo come argomenti di discussione tra le diverse soggettività sociali che consentano di elaborare concrete strategie di lotta e raggiungere obiettivi raggiungibili e condivisibili
  5. Le teorie di Rawls e Van Parijs sul ruolo dei beni sociali nella produzione e quelle di Bellamy. Cole e Lange sul dividendo sociale si possono collegare al frammento di Marx sulle macchine (sul general intellect) ed alla tesi di Negri e Hardt sulla progressiva coincidenza di produzione e riproduzione
  6. La tesi di Roemer è insufficiente perchè batte solo il tasto della redistribuzione di chances, mentre caratteristica del marxismo è l'attenzione alla mercificazione della forza lavoro che risulta essere il punto cruciale che spiega anche le storture redistributive esistenti nelle società capitalistiche avanzate
  7. Infine le compensazioni per le differenti dotazioni di risorse interne possono essere aggiunte come integrazione ad un sistema di sicurezza basato sul reddito minimo e sulla spesa sociale in campo sanitario e formativo. Il finanziamento più che una tassa sui lasciti lo potranno garantire altri tipi di imposte

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