venerdì, marzo 28, 2008

il ' 68

il ‘68
Molte cose si dicono, per meglio dire, si sprecano sul ’68. Certo che abbiamo avuto lo Statuto dei Lavoratori e la Legge sul divorzio, come pure la Legge quadro sulla Sanità.
Senza sopravanzare un giudizio positivo su questo periodo, che abbiano influito le lotte operaie è certamente vero, che si è trattato delle condizioni particolari dello sviluppo del capitalismo uscito dalla seconda guerra mondiale, pure è vero. L’opposizione tra chi forza il giudizio sul primo o sul secondo elemento è una questione ancora in discussione. Non tanto per il periodo storico preso in sé; anche se ha rianimato le attuali argomentazioni elettorali dei berlusconiani, tuttavia è ormai argomento degli storici. Interessano invece le implicazioni che sul piano dell’organizzazione operaia sono attinenti all’attuale situazione, specie se consideriamo il movimentiamo che anima molte organizzazioni senza che si metta al centro l’organizzazione degli operai in partito.
Il fatto che con lo Statuto gli operai non si sono liberati dallo sfruttamento, e che specie gli strati bassi che non lavoravano nelle fabbriche statali hanno pagato il più duro prezzo del Boom economico, è anch’essa una verità. Anzi, che quest’ultimi hanno rappresentato l’ultimo atto di distruzione del capitale nell’economia di sussistenza che trovavano nell’agricoltura, sradicandoli dai loro paesi e dalle loro famiglie per agglomerarli nelle grandi città industriali del mondo intero, per farli diventare gli antesignani della Legge 30, del pacchetto Treu, delle agenzie interinali e della repressione politica nelle fabbriche, ecc ecc., ci esime dal fare un’apologia e sostenere la tesi di un ’68 tutto operaio.
Oltre a tutti i diritti conseguiti coerentemente con lo sviluppo di una società capitalisticamente democratica, il ’68 segna anche l’aggancio della pensione al salario, ottenuta solo a seguito degli scioperi dell’autunno ‘69.
Ma, col ’68 si conclude un periodo e si compie anche il definitivo passaggio della guida dell’INPS nelle mani di Confindustria e Sindacati.
Se quest’ultimo approdo storico ci fa dire che si tratta di un esproprio di cui dobbiamo tener presente per come i sindacati odierni contrattano sulle pensioni, gli operai però possono ben dire che niente gli è stato regalato.
Anzi, se diamo uno sguardo a ritroso nella Storia sul problema della Previdenza Sociale, questo giudizio è più che confermato, perché non troviamo mai in primo luogo lo Stato, anche se le prime pensioni risalgono al 1812 per i dipendenti statali della Francia, e al 1873 per quelli dell’Inghilterra.
Per gli operai invece troviamo le Società Operaie di Mutuo Soccorso, la cui prima riunione ebbe luogo a Torino il 20 ottobre 1850, e il primo congresso si tenne ad Asti nel 1853.
Trenta società operaie, di cui quattro femminili, discussero delle questioni della vecchiaia, dell'invalidità, dell'assistenza alle vedove ed orfani degli operai.
Al sesto congresso discussero anche le questioni riguardante l'orario di lavoro. Fu il primo tentativo di parte operaia di usare queste associazioni per lo sciopero contro i padroni. Ma, avvocati e professionisti d'ispirazione democratico - liberale, accolti come soci onorari, si opposero con successo a questa tendenza degli operai. Vinsero questi borghesi paternalisti, sia per il ruolo di direzione che avevano assunto, sia soprattutto perché possedevano la “cultura”.
Al fine di scongiurarne il sovversivismo operaio permeato dalle prime idee socialiste, fu messo in atto da intellettuali dello stampo del Depretis il primo tentativo, non riuscito, di regolarizzare per legge tali associazioni.
L’avvocato Agostino Depretis, quasi sempre membro delle commissioni permanenti e sostenitore dei fini esclusivamente assistenziali, al congresso di Voghera del 1857, si fece promotore insieme ad altri della richiesta di regolamentazione legislativa da inviare al governo. Nel 1859 era già governatore di Brescia, e nel 1876 ebbe l’incarico di formare il suo primo governo, incarico che alternò a quello di ministro per diventare di nuovo capo del governo nel 1881.
Nonostante tutto, l'evoluzione dello scontro tra le classi impresso dalla pericolosità di un movimento operaio indipendente che rifletteva la nascita a Milano del Partito Operaio nel 1882, e le rivendicazioni, seppur annacquate, che seguirono con la nascita del PSI nel 1892, posero alla classe dei padroni e quindi allo Stato, la questione non più rinviabile della Previdenza Sociale.
Ma lo Stato il 15 aprile del 1886 si limiterà a riconoscerà per legge le Società di Mutuo Soccorso solo per fini assistenziali.
Il riconoscimento statale e l'unificazione delle società mutualistiche che seguirà, lungi dal rappresentare il buonismo del Re e del Parlamento, era solo lo specchio legislativo delle rivendicazioni e della pericolosità del movimento operaio. Benché annunciato teoricamente col Manifesto del 1848 e con la parte pratica avuta nelle insurrezioni contro i residui della vecchia società feudale, gli operai già avevano fatto presagire lo spettro della Comune di Parigi del 1871.
Infatti, l'INPS è fondato nel 1933, ma esso assorbì le competenze della Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali fondata nel 1919, la quale a sua volta subentrò alla Cassa Nazionale di Previdenza per l'Invalidità e la Vecchiaia degli Operai, fondata nel 1898. A ritroso vediamo soltanto i primi movimenti operai, ed in quest’arco di tempo si è realizzata la rivoluzione operaia del ’17 in Russia.
Tutto questo dimostra che la borghesia, con tutto il denaro che possiede quale mezzo per comprare chiunque, non potrà mai comprare l’intera classe degli operai, e il suo carattere sociale è fatto solo di paura per la miseria che genera, perché sa che gli operai non si lasceranno ridurre in una massa di diseredati, amorfa e senza futuro.
Elp 18-3-2008

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