lunedì, dicembre 31, 2007

Fiat: licenziamenti discriminatori in fatto e in diritto

Da Elpica

Gli ultimi cinque licenziamenti di cui quattro alla Fiat-Sata di Melfi ed uno alla Fiat di Pomigliano d’Arco, insieme alle pene proposte contro decine di giovani antimperialisti che dimostravano a Genova 2001, rappresentano un punto di svolta nella repressione: non solo della ribellione operaia nelle fabbriche, ma anche della contestazione che sale potente nella società.
È la reazione padronale al crescente sviluppo delle contraddizioni che scaturiscono dall’organizzazione scientifica del lavoro e contro le scelte politiche dei governi; ma In Fatto, è soprattutto la reazione contro il processo organizzativo che strenuamente sta prendendo corpo in maniera autonoma, sia dentro la classe operaia che tra la gioventù precarizzata.
La sempre più marcata fuoriuscita di questo processo dai canoni di salvaguardia che offrono il sindacalismo concertativo, e i partiti politici della sinistra, ormai ridottisi a particolari appendici della borghesia dominante, impensierisce sia i padroni che i governi.
Sindacati e partiti, incapaci come sono di contenere le contraddizioni tra una metrica del lavoro che ti spreme in minuti-secondo a fronte di un salario e di condizioni del lavoro che scendono sempre più al di sotto della vita media sociale, perdono sempre più consensi. Mentre lo Stato vorrebbe punire i dimostranti contro il G8 con centinaia di anni di galera, rispolverando in aggiunta anche il reato di tipo patrimoniale, il quale nessuno potrà mai risarcire, i padroni scendono direttamente in campo.
Nell’oblio completo dei difensori del diritto e della democrazia, i padroni hanno trovato nel concetto giuridico di “rapporto fiduciario” che lega il lavoratore al datore del lavoro, l’arcano per risolvere il conflitto dentro le fabbriche.
Questa uestaquesta metodologia dell’odierno attacco padronale, per la possibile e pericolosa generalizzazione insita nell’elemento della sua premessa, non è escluso che possa costituire nel futuro il nuovo terreno della repressione delle avanguardie su tutti i luoghi di lavoro.
Se questa è la sostanza della reazione che abbiamo di fronte, contenerla, solo per parlare in termini di difesa, significa porre nei fatti un grado di organizzazione capace di coagulare un vero e autentico rapporto di forza tra gli operai e il capitale, senza nessun intermediario. E questa è una questione che passa inevitabilmente per le forche caudine di un processo organizzativo capace al tempo stesso di valorizzare ma anche di strozzare tutti quegli elementi di autosufficienza che funzionano come separazione e frammentazione. Elementi che sono pur presenti nelle varie componenti organizzate che si sono poste sul terreno dell’indipendenza politica di classe, ma che vanno rimossi.
C O A L I Z I O N E, è, a mio parere, l’indirizzo politico che deve seguire alla messa in campo e alla condivisione del principio dell’Indipendenza politica della classe, con tutti gli sforzi e la messa in discussione che le esperienze fin qui fatte esigono, per cui, la parola della sua realizzazione passa evidentemente nelle mani delle sue espressioni politiche organizzate.
Se i padroni al momento hanno ragione solo perché siamo deboli organizzativamente, il che equivale a dire che siamo deboli anche politicamente, nemmeno dal versante del Diritto hanno le carte in regola. Infatti, la forzatura avviata dalla Fiat con l’applicazione dell’articolo 26 del C.C.N.L. dei metalmeccanici che tratta appunto del rapporto fiduciario, offre, ad una attenta lettura, la possibilità di rigettare questi licenziamenti individuali come un atto discriminatorio.
In proposito, l’art. 25 del CCNL che descrive le mancanze per le quali l’azienda può licenziare, e le varie sentenze della Cassazione che hanno reso nullo il licenziamento per cause non attinenti alla prestazione lavorativa, come anche quelli sanzionati per motivi politici e religiosi, ed in mancanza di una sentenza passata in giudicato, dimostrano che ci troviamo di fronte ad una vessazione padronale.
Infatti di che cosa sono colpevoli questi operai? Allo stato dei fatti di niente. Ma se la Fiat, con quest’atto discriminatorio vuole sostituirsi al potere punitivo dello Stato, senza che esso abbia sanzionato alcunché, è meglio che sappiamo fin da ora che, se i padroni si incamminano su questa strada, l’alternativa di organizzarci meglio è sempre meno una opzione interlocutoria per diventare sempre di più una necessità vitale.
Se questa discriminazione potremo farla rimangiare mobilitandoci anche nel campo della giurisprudenza, sopportando i tempi di essa che c'inducono a patire insopportabili situazioni economiche, con il relativo risvolto psicologico che i padroni sanno che mina il rapporto tra queste avanguardie e il resto degli operai, nel merito rimane l’essenziale: una organizzazione degli operai più solidale, più forte.
Nell’esprimere la mia solidarietà a questi operai licenziati, esprimo al tempo stesso anche un appello ai tanti lavoratori e militanti per stringersi attorno ad essi, e il desiderio di vedere la classe operaia nella posizione sociale che gli compete, in quanto produttrice di tutta la ricchezza sociale.
Elp. 23.nov. 2007

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