domenica, gennaio 29, 2006

Caillè sul reddito di cittadinanza

Alan Caillè teorico del movimento antiutilitarista (http://www.geocities.com/centrotobagi/caille.html)
parte dalla considerazione che la società della piena occupazione appartenga integralmente al passato e collega il reddito di cittadinanza a quella che egli chiama "la rivoluzione del tempo scelto" dove nella società la presa del lavoro sulla vita degli uomini possa essere meno stretta
Caillè dice
  • Fino a tempi molto recenti, l'umanità non ha ritenuto il lavoro un valore ed anzi si è sempre adoperata per sfuggirvi. Progressivamente però a partire dall'introduzione dell'agricoltura e l'accumulazione di scorte il lavoro necessario è aumentato e con esso lo sfruttamento, per cui solo alcune classi potevano evitare il lavoro. Si è giunti poi all'etica protestante per la quale tutti devono lavorare e chi non lavora deve vergognarsi. La vittoria del lavoro sul tempo libero è stata seguita dalla democratizzazione della società, ha permesso alle classi dominate di rivendicare dignità nei confronti delle classi dominanti. Tuttavia il problema della disoccupazione mette alla prova questa mentalità e genera una società del lavoro in cui i lavoratori sono in diminuzione
  • Caillè pensa che questa crisi possa essere un'opportunità per tentare di ridare importanza alle attività liberamente scelte, alle attività di non-lavoro e di rendere accessibili a tutti, democratizzandoli e universalizzandoli i valori del tempo libero sinora riservati alle elite. Per passare ad una società post-lavorista Caillè pensa a due istituti, il tempo scelto e il reddito di cittadinanza
  • Caillè parte (per illustrare il principio del tempo scelto) dal fatto che nessuno può scegliere di modulare il proprio tempo di lavoro. Tutti si trovano obbligati al ruolo di lavoratori a tempo pieno, a moltiplicare le ore di straordinario, a dimostrare di essere davvero meritevoli. Bisogna lavorare sempre di più o rinunciare. In materia di rapporti di lavoro vige l'indivisibilità. Si deve essere o "un piccolo infaticabile lavoratore" o accettare di non essere più della partita. Ciò crea una rigidità che spiega da sola la persistenza della disoccupazione. Bisogna perciò muovere nella direzione della rivoluzione del tempo scelto e offrire a coloro che lo desiderano di scegliere tra un lavoro a tempo pieno ed uno a tempo parziale. Due lavoratori a tempo parziale costerebbero meno di un solo disoccupato (giacchè pagherebbero i contributi sociali)
  • L'altro strumento è un reddito minimo di cittadinanza fondato sul principio dell'incondizionalità che consenta di evitare l'indigenza e la miseria. In Francia tutte le misure che possono andare sotto il nome di Reddito di Cittadinanza sono praticamente in via già di applicazione e lo Stato paga di fatto diverse categorie di popolazione indipendentemente dal lavoro che svolgono. Si tratta di sancire ed unificare queste categorie sotto il principio dell'incondizionalità. Con la cassa integrazione nei fatti la società paga una massa di disoccupati che non si reinseriranno, solo che gli si domanda di compiere sacrifici al culto del lavoro e di dichiararsi sinceramente pronti a reinserirsi : ne consegue un'opera di controllo di tipo quasi religioso e un controllo meticoloso per stabilire se i beneficiari sono davvero dei possibili futuri lavoratori
  • Il reddito minimo non deve essere troppo basso, perchè deve consentire la sopravvivenza, nè essere troppo alto perchè disincentiverebbe al lavoro, nè troppo vicino al salario minimo perchè nessuno avrebbe interesse a lavorare ad un livello salariale basso ed interi settori dell'economia crollerebbero. Inoltre deve essere cumulabile con altre risorse altrimenti i destinatari vengono bloccati nella trappola della disoccupazione in quanto se uno accetta un lavoro quel che guadagna è solo la differenza tra il suo salario e il reddito minimo
  • Quindi si deve stabilire un reddito minimo di cittadinanza incondizionato, irrevocabile e cumulabile. Tutti in quanto cittadini avranno diritto ad un minimo di reddito che sarà la metà del salario minimo e tutti quelli che avranno un reddito inferiore al salario minimo riceveranno questo reddito in via incondizionata. E chi si avvantaggerà di tale reddito potrà cumularlo ad altre risorse, solo che per evitare iniquità si dovranno fiscalizzare i redditi supplementari al reddito di cittadinanza. Inoltre tale reddito va assegnato individualmente a partire dal venticinquesimo anno d'età.

Caillè poi parla degli argomenti a favore e di quelli contro il reddito di cittadinanza:

Contro:(A). Tutti i tentativi fatti nel corso della storia sono falliti: in Inghilterra tra il 1795 e il 1834 le poor laws concedevano un reddito incondizionato a cui seguì una catastrofe totale giacchè molti lavoratori e contadini si demoralizzarono e non vollero più lavorare. Anche i tentativi di imposta negativa sperimentati negli Stati Uniti hanno prodotto una smobilitazione sociale.(B.) Le coscienze non sono mature.

Caillè replica che il reddito minimo non deve essere interpretato liberisticamente e deve essere un incentivo alla ricostituzione del tessuto sociale e non uno strumento di controllo sociale. Inoltre la smobilitazione è dovuta alla situazione paradossale che vivono i disoccupati che da un lato ricevono messaggi improntati ad un'ideologia lavorista, mentre non trovano concretamente gli strumenti sia pur per assecondare tale ideologia.

Caillè poi giustamente ritiene che non sia giusto nè opportuno subordinare il reddito minimo ad una prestazione sia pure in lavori socialmente utili che alla fine sarebbero un'altra forma di lavoro coatto. La libertà deve essere l'unico vincolo del reddito minimo. Il tessuto sociale invece si può ricostituire sostituendo alla società duale tra coloro che avranno un lavoro a tempo pieno e i più sfavoriti, un numero illimitato di gradini e di status sociali intermedi che possono essere scelti nella massima libertà

Caillè poi accenna al costo dell'operazione che dovrebbe costare il 3-4 % del PIL

Alle argomentazioni di Caillè vale replicare quanto segue:

In primo luogo il reddito minimo deve scoraggiare lavoro nero e lavoro precario. Dunque non deve essere cumulabile (altrimenti causerebbe altre storture redistributive) e deve, differentemente modulato, scoraggiare l'esistenza di imprese a bassi salari. Se in presenza di un reddito minimo ci fosse una smobilitazione allora il problema non è il reddito minimo, ma la società del lavoro precario che lo precede e bisogna allora essere preparati a questo, ma non si può continuare a tollerare una società fatta largamente di workingpoors. Un reddito minimo garantisce la soddisfazione di bisogni vitali e forse niente più (ad es. per pagare un affitto spesso non è sufficiente un reddito minimo). Se l'offerta di posti di lavoro non riesce a venire incontro a questi bisogni, sarà chiaro che il cambiamento sociale dovrà essere molto più complessivo e radicale. Ben venga allora il reddito minimo a fare da cartina di tornasole. Un reddito minimo inoltre deve essere corrisposto anche a minorenni: esso sarebbe gestito dai capifamiglia, ma sarebbe un diritto individuale (questo perchè altrimenti il livello del reddito minimo sarebbe apertamente insufficiente in caso di prole)

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